Possiamo dare ad altri qualcosa che non abbiamo ricevuto in prima persona?
Me lo domando talvolta con rabbia, condannata come mi sento all'eredità ricevuta, al nervosismo che, in casa nostra, pareva cucito a punto croce con l'aria. Posso elargire una allegria mai provata, una gentilezza affettuosa che attribuivo a ogni altra famiglia, tranne che alla mia?
Sono stata una bambina con un'infanzia addolorata, lì a cercar riparo al matrimonio trascinato dei miei genitori, messa in competizione con la sorella e con tutti i bambini della scuola, affinché fossi sempre la migliore, la prima.
Quando sono nati i miei figli, ero ancora quella seconda persona che si era allontanata quanto più possibile dall'eredità scombinata della propria famiglia, la donna che non si arrabbiava mai, se non nel contatto - sempre più sporadico - con l'origine italiana. Mi sentivo nuova di zecca, incapace di nervosismo o di cupezza.
Col tempo però, divenendo madre praticamente (che è molto diverso dal diventarlo fisicamente), ho avvertito l'ombra lunga dell'educazione ricevuta. Non ho alzato le mani sui miei figli che in due momenti in cui ho perso il controllo, occasioni che ricordo ancora con immensa vergogna. Eppure talvolta mi sento meschina, troppo severa.
Ogni giorno però, salutando i miei figli che sono l'amore più vasto e indefinibile della mia vita - creature verso cui provo una gratitudine immensa per il solo fatto d'essere venuti a me come una marea - mi dico che il mio compito non è solo dare loro quanto so e ho ricevuto (come le buone maniere a tavola, la preparazione culturale, una certa fermezza che tiene salda l'esistenza), ma anche quanto non ho avuto dalla famiglia ma ho accolto da altri (l'allegria di certe compagne, l'affetto odoroso di cipolla di Pina, una vicina di casa, l'incoraggiamento sincero della mia professoressa del ginnasio).
Amarli, insomma, affinchè un giorno i miei bambini - diventati uomini - possano essere in grado di dare quell'amore senza cambiali che serve a crescere bene gli esseri umani. Dare senza aspettarsi in cambio nulla. Amare, perchè è bellissimo farlo. Perchè non c'è nutrimento migliore di quanto si dà, solo per darlo.